Il recupero e la valorizzazione di una bellezza celata
Quando si tratta di
restauro architettonico, si entra in un ambito in cui, ancora oggi, è aperto il confronto tra le varie scuole di pensiero e gli approcci al lavoro sono molteplici.
Il nostro studio di architettura ha recentemente realizzato un intervento di restauro nel centro storico di Roma, in collaborazione con il restauratore Dott.
Leonida Pelagalli. Prima di parlare del nostro progetto "
Tra vicoli storici" dobbiamo però fare una breve premessa e quindi citare il codice dei beni culturali e del paesaggio che definisce nell’’art. 29, comma 4: “
per restauro si intende l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione e trasmissione dei suoi valori culturali. nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l'intervento di miglioramento strutturale.”
Questa definizione risulta però non esauriente ai fini del termine di “Conservazione” e quindi, negli anni, si sono sviluppati approcci diversi che, in questo breve articolo, ci permettiamo di riassumere.
L’intervento di restauro può distinguersi in:
- Restauro critico-conservativo: formulato dallo storico d’arte Cesare Brandi, il cui approccio propone il progetto di restauro come una “lettura critica” del monumento da conservare nel modo in cui ci è pervenuto. L’opera viene restaurata conservando le varie alterazioni che il tempo ha esercitato sui materiali originari (patina). Quest’approccio è quello più vicino alla normativa sopra citata poiché mira a conservare le informazioni contenute nel bene.
- Restauro ripropositivo-mimetico: il restauratore completa le porzioni perdute dell’opera e, in taluni casi, può arrivare a ricreare la forma ideale dell’opera, esistita o presunta.
LO STATO DI CONSERVAZIONE DELLA NOSTRA VOLTA
Tornando al progetto inizialmente citato, l’approccio del restauro è stato prevalentemente conservativo.
Il locale è posto al pian terreno ed è costituito da un grande ambiente di forma quadrangolare, coperto da una volta a padiglione lunettata. Le decorazioni sono prevalentemente di carattere vegetale: un festone, di foglie d’alloro di colore verde intenso, procede lungo tutto il perimetro della volta e delimita degli spazi ornati con volute e racemi.
La superficie della volta, intonacata con malta di pozzolana, è decorata con tecnica “a calce”. Pericolosi distacchi d’intonaco avevano causato la caduta di porzioni di malta dipinta e i pigmenti, che componevano le tinte, si presentavano decoesi. La volta, anche se ben conservata, risultava in più punti abrasa e una recente tinteggiatura chiara celava vaste superfici dipinte.
Poiché la pittura si presentava in una condizione di precarietà, si è deciso d’intervenire prevalentemente con una pulitura a secco, limitando l’uso di soluzioni acquose a specifiche zone ben conservate. Si è dunque proceduto per fasi:
Fase 1: Studio dell’opera, sia nella sua generalità sia attraverso la mappatura delle superfici. Quest’operazione ha permesso di registrare lo stato di conservazione delle varie materie che compongono l’opera.
Fase 2: Si è proceduto con la rimozione dei depositi incoerenti (polvere, terriccio, etc.) che negli anni si erano addensati sulla superficie; in questa fase si sono individuate le porzioni di intonaco distaccate o in fase di caduta.
Fase 3: Una volta delimitate le porzioni pericolanti, si è intervenuti attraverso un’operazione di “velinatura”, che consiste nel far aderire alla superficie pittorica uno o più strati di garze o carte speciali, in modo da stabilizzare temporaneamente le superfici e quindi facilitare il successivo consolidamento.
Fase 4: Per conferire coesione al materiale disgregato nella sua microstruttura, sono state svolte micro-iniezioni tra i vari livelli dell’intonaco. Si tratta di prodotti fluidi che, una volta induriti all’interno della materia degradata, conferiscono solidità.
Fase 5: Rimozione dei prodotti impropri presenti sulla superficie dipinta. Sono il risultato dell’alterazione di materiale applicati intenzionalmente in precedenti restauri o divenuti inadeguati o non più funzionali. Per la pulitura vengono utilizzati prodotti chimici o sistemi meccanici manuali (impacchi di polpa di cellulosa) che richiedono l’attenzione e l’esperienza del restauratore: questa è un’operazione irreversibile che, se mal eseguita, può danneggiare per sempre l’opera.
Fase 6: La stuccatura prevede l’individuazione e l’applicazione di materiali compatibili con quelli originari. La malta utilizzata deve essere composta con inerti e leganti simili per granulometria e colore a quelli su cui è presente la decorazione.
Fase 7: La reintegrazione pittorica è stata eseguita con tecnica sotto-livello, in modo da mantenere riconoscibile l’intervento del restauratore. Dove la pittura risultava mancante si è proceduto con tinte neutre.
FOTO DEL RESTAURO COMPLETATO