ICONE DEL DESIGN

Le icone del design che hanno fatto la storia

Le icone del Design non hanno tempo, entrano nelle nostre case, nei nostri uffici e in tutti gli spazi umani andando a dare un segno nella storia di ogni vita individuale. L’eleganza, la semplicità, l’irriverenza, il colore, il minimale… tutto partecipa alla creazione di un oggetto che viaggia nella memoria.

Poltrona I Feltri – 1986

Gaetano Pesce
by Cassina

La poltrona “I Feltri” di Gaetano Pesce è stata concepita e creata nel 1986 e prodotta dal 1987 dall’azienda Cassina e si distingue per la sua fusione di forma artistica e funzionalità. Il suo design, è stato possibile grazie all’utilizzo dell’allora innovativo feltro pressato. Pesce ha adottato una tecnica di produzione industriale in cui il feltro viene stampato e modellato per ottenere la forma desiderata.
Il feltro per essere reso rigido, viene imbevuto in una resina termoindurente a base di poliestere, quest’operazione non è fatta in modo omogeneo bensì nella parte inferiore, cioè la base, è stata usata una quantità maggiore di resina per rendere il feltro più rigido e resistente rispetto alla parte superiore più elastica.
La poltrona ha una struttura avvolgente che abbraccia il corpo, offrendo un’esperienza di seduta confortevole e accogliente. Il feltro utilizzato conferisce alla poltrona una texture tattile e una sensazione di calore. L’imbottitura usata per il rivestimento, oltre ad essere accogliente, può essere scelta con cromie molto vivaci ed eccentriche. L’uso di questo materiale versatile non solo contribuisce all’aspetto estetico della poltrona, ma anche alla sua durabilità e resistenza.
“Feltri” è diventata un’icona nel mondo del design contemporaneo, rappresentando la capacità di Pesce di sfidare le convenzioni e di abbracciare nuove modalità di produzione. La poltrona non è solo un oggetto d’arredo, ma una manifestazione dell’approccio sperimentale e innovativo di Pesce al design industriale.

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Lampada PH 5 – 1958

Poul Henningsen
by Louis Poulsen

La lampada PH 5 è un’iconica creazione del designer danese Poul Henningsen. Introdotto per la prima volta nel 1958, il design della lampada è stato progettato per fornire un’illuminazione uniforme e risolvere il problema dell’abbagliamento. La lampada è caratterizzata da una serie di sfere sovrapposte e colori vibranti, progettati per ottimizzare la dispersione della luce.
Henningsen voleva migliorare le caratteristiche di riproduzione dei colori della sorgente di luce nella PH 5. Inserì così piccoli schermi rossi e blu per integrare il colore nella parte dello spettro a cui l’occhio è meno sensibile. Le aree rosse e blu, attenuando la luce nella regione centrale giallo-verde dove l’occhio è più sensibile. Gli schermi in alluminio, di diverse dimensioni e colori, sono disposti in modo preciso per raggiungere l’effetto desiderato.

Il nome PH 5 deriva dalla sua dimensione del diametro di 50 centimetri e nel corso degli anni, la lampada è diventata un classico del design illuminotecnico e continua ad essere prodotta come pezzo iconico del design. Per venire incontro alle esigenze della vita moderna, nel 2017 è stata lanciata la versione “Mini” che può essere utilizzata come luce generale in una stanza piccola o come una nota di colore in uno spazio più grande. In questo caso il paralume è stato pensato di 30 cm anziché di 50 cm. Che sia grande o piccola, la sua combinazione di estetica accattivante e funzionalità ha reso la PH 5 una presenza distintiva in molte case e spazi di design mondiali.

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Libreria Veliero – 1940

Franco Albini
by Cassina

Chi avrebbe mai detto che dentro casa potesse entrare un veliero in navigazione mentre stiamo semplicemente stesi sul divano?
Progettata da Franco Albini, questa libreria è un’icona del design modernista ed è una testimonianza del talento che Albini aveva nel creare mobili funzionali e affascinanti. Inoltre è una vera e propria sfida alle leggi della statica.

La caratteristica distintiva della libreria è la sua forma, che ricorda un veliero in navigazione. Albini ha utilizzato il legno curvato per creare le “vele” della libreria, conferendo un aspetto dinamico, elegante, organico e geometrico. Il legno di frassino diventa il supporto ai ripiani in vetro temperato con tiranti in ferro brunito. Questa scelta di design riflette il suo interesse per l’artigianato e la tradizione italiana, unito a una visione modernista.

La libreria Veliero è anche una soluzione funzionale per lo spazio di archiviazione, con ampi ripiani e scaffali per ospitare libri e oggetti. Questa combinazione di estetica e funzionalità è una caratteristica distintiva del lavoro di Albini.

Un’icona del design italiano esposta in molte collezioni di design di fama internazionale. La sua eleganza senza tempo e il suo approccio innovativo al design la rendono una creazione straordinaria che continua ad ispirare appassionati di architettura e design in tutto il mondo. Grazie all’azienda Cassina, oggi possiamo averla nelle nostre case poiché è stata inserita in tiratura limitata nella collezione “I Maestri”.

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Lampada Pipistrello – 1965

Gae Aulenti
by Martinelli Luce

Come nasce un’icona così meravigliosa? Dall’unione con l’imprenditorialità italiana del Gruppo Olivetti. Il famoso marchio di macchine da scrivere e calcolatori incaricò Gae Aulenti di progettare i nuovi show room di Buenos Aires e Parigi.

Gae pensa ad uno spazio che ricordi il tipico luogo di incontro italiano, la piazza, arredata da lampioni, che successivamente sarebbero diventati la lampada Pipistrello. Sicuramente fu un’idea geniale ma non priva di complicazioni soprattutto realizzative: la Aulenti l’aveva pensata come un oggetto da produrre in serie. Al tempo la Aulenti collaborava con Poltronova fondata da Sergio Camilli, che gli consigliò di far visionare le sue bozze ad un’azienda che all’epoca si era lanciata nello stampaggio del metacrilato; quest’azienda è proprio la Martinelli Luce.

La Martinelli Luce nel visionario Elio Martinelli raccoglie la sfida e riuscirà a costruire gli stampi attraverso una macchina opposita. Da qui, le lampade Pipistrello divennero un elemento cardine degli show room Olivetti ed il successo fu clamoroso. Al di là delle nuove finiture della base e i LED, la lampada è rimasta la stessa dagli anni ’60. Il paralume è realizzato ancora in metacrilato opalino, una plastica più trasparente del vetro con il fusto in acciaio inox satinato, regolato con movimento telescopico. Le dimensioni possono variare dai 66 cm agli 86 cm, diventando così sia una lampada da tavolo che da terra.

Nel 2015 in occasione dei suoi 50 anni, fu vestita d’oro con una versione speciale.
Ad oggi la lampada Pipistrello si trova nelle maggiori collezioni del mondo: al Centre Pompidou a Parigi, al Metropolitan Museum of Art di New York fino al Museo des Arts Decoratives a Montreal.

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Anna G. Cavatappi – 1994

Alessandro Mendini
by Alessi

Negli spazi delle nostre cucine le forme umane e di animali, nel contesto del design, sono sempre state adoperate. Alessandro Mendini riprende con forza questo tema ideando il cavatappi Anna G.: con colori vivaci e forme armoniche, un’icona del design POP si fa spazio nelle tavole delle nostre case!

Sia il nome che la forma sono un omaggio alla designer Anna Gili, a lungo tempo collaboratrice con l’atelier Mendini. Nel 1994 non vi era più bisogno di studi ingegneristici, non serviva cambiare la funzionalità del classico levatappi con le “ali” di Dominick Rosati brevettato nel 1930, quindi Mendini è riuscito a creare con il suo estro un’icona intramontabile, un vero e proprio “ritratto di design”.

L’oggetto è realizzato in resina termoplastica ed è disponibile in tantissime forme colorate. A contrapporre Anna G. esiste anche un modello composto da una figura maschile il cui nome, ovviamente, è Alessandro M.

Nell'edizione speciale di colorazione rossa il cavatappi simboleggia la lotta contro l’HIV. In questa collaborazione Anna G. indossa un vestito rosso ornato da un piccolo cuore bianco circondato dalle parentesi (RED) nella parte anteriore.

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Poltrona Sacco – 1968

Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro
by Zanotta

Negli anni ’60 e ’70 si era molto attenti al concetto di ergonomia e all’estremizzazione del concetto stesso, con la volontà di adattare gli oggetti alle esigenze del corpo. Da questo vennero realizzati numerosi oggetti di design, ed uno ancora oggi rimane un caposaldo del design italiano nel mondo.

La poltrona Sacco comunica ancora oggi una forza assoluta, superando ogni moda e stagione. La fase del progetto più problematica fu la scelta del riempimento, poiché era necessario un materiale capace di adattarsi a tutti i movimenti del corpo con delicatezza e morbidezza. Inizialmente si era pensato all’aria e all’acqua ma furono idee errate poiché nel primo caso sarebbe stata troppo dura e nel secondo si sarebbero verificati problemi di instabilità. Un lampo di genio portò alla scelta delle microsfere di polistirolo, capaci di adattarsi al corpo umano alla perfezione. I rivestimenti sono in tessuti e pellami con alla base inserita una chiusura lampo per permettere il cambio dell’imbottitura.

Nel 2015 la famiglia Sacco si è ingrandita, e ad oggi ci sono tre versioni: la tradizionale, la Sacco Medium e la Sacco Small. Queste ultime due sono state ideate per ragazzi e bambini.

Per celebrare i suoi 50 anni, nel 2019 Zanotta ha realizzato un numero limitato di poltrone in versione green, con materiali ecosostenibili; il rivestimento inoltre è stato ideato con un pattern da Pierre Charpin. Il materiale usato è un filo di nylon ottenuto dalla rigenerazione di scarti come reti da pesca, vecchi tessuti e plastiche. Per l’imbottitura sono state usate delle microsfere realizzate con una bioplastica che si ottiene dalla lavorazione della canna da zucchero. Questa versione green non sarà un’operazione limitata nel tempo, ma per l’azienda è un percorso anche di ricerca a sperimentazione per crescere e rispettare l’ambiente.

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Frigorifero FAB – 1996

Design Smeg
by Smeg

Una dichiarazione d’amore anni ’50, senza averne l’età!
Questo è il frigorifero FAB della Smeg, che con i suoi colori pastello e le curve perfette, è diventato un’icona di stile. Un’icona che è rappresentativo di architetti, designer e fotografi, insomma di tutti quei lavori che hanno una forte componente estetica.
Con il suo nome che richiama l’internazionalità, la Smeg è un’azienda italiana al 100% e grazie alla collaborazione con architetti e designer, il frigo FAB ha raggiunto l’apice del successo in tutto il mondo, diventando un’icona internazionale.
Per adattarsi alla moda e ad uno stile più essenziale e nordico, negli ultimi anni il frigo FAB si è colorato con tonalità pastello che si sposano benissimo con appartamenti minimal e che strizzano l’occhio al vintage. Tra rosa, azzurri, verdi e color crema, il frigo FAB negli anni si è anche “vestito” con edizioni speciali: con superficie lavagna, jeans o che rendono omaggio ad artisti come Mondrian.
Una delle edizioni speciali più particolari è stata quella scaturita dalla collaborazione con Dolce & Gabbana: sono stati realizzati 100 esemplari ognuno dei quali è stato realizzato a mano da artisti italiani.
Insomma, un’icona che è diventata subito internazionale e che unisce arte, estetica e funzionalità; quel Made in Italy che tanto amiamo.

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Sedia rossa e blu – 1918

Thomas Gerrit Rietveld
by Cassina

La Sedia rosso-blu di Gerrit Thomas Rietveld è considerata il manifesto dell’estetica De-Stijl (o Neoplasticismo). La sua struttura rigorosa composta da linee verticali e orizzontali ne è la sua espressione più autentica; l’idea è quella che gli elementi della struttura si ottengono per sovrapposizione delle parti e non attraverso la loro compenetrazione.
Inizialmente era color legno di faggio, poi ben sei anni più tardi, grazie al suggerimento di uno dei pittori più influenti del tempo, Piet Mondrian, la sedia acquisirà la sua estetica attuale. Il design e l’arte si sono sempre contaminati e proprio come in un quadro di Mondrian, i colori primari quali il rosso, blu e giallo identificano le singole parti e le loro specifiche funzioni rispetto alla struttura totalmente nera della sedia.
Nello specifico, la struttura è composta da 15 listelli di legno di faggio laccato nero, le cui estremità di colore giallo formano una vera e propria griglia lineare (ascissa, ordinata e zenith). Questi listelli sono la base che accoglie due assi in compensato di colore rosso (schienale) e di blu (sedile) e come detto inizialmente tutti assemblati per sovrapposizione.
Sicuramente anche all’occhio non rappresenta la comodità massima, ma la sua rigidità è voluta poiché è sufficientemente confortevole per il relax, rendendo l’oggetto ideale per la lettura e la meditazione, ma non adeguata per il sonno.
Uno dei desideri di Rietved era quello di vedere i suoi prodotti diventare realizzazioni per la produzione in serie. Ciò avvenne solo dopo la sua morte, quando la famiglia Rietved nel 1973 cedette a Cassina i diritti di produzione e vendita e da lì iniziò la produzione in serie.

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Lampada Norm 69 – 1969

Simon Karkov
by Normann Copenhagen

Non tutte le icone hanno avuto subito una vita facile, e la lampada Norm 69 ne è l’esempio. Quando fu ideata nel 1969, la lampada non ebbe il giusto risalto e fu “nascosta in soffitta”; sono nel 2001, grazie ad un amico del designer, nacque una collaborazione tra Karkov e l’allora start-up Normann Copenaghen che diede il giusto lustro alla Norm 69, donandogli un successo planetario.
Karkov prese ispirazione dalla natura attraverso petali e steli e la norm 69 si ispira proprio a questi ultimi. Nasce così una lampada che segue sicuramente il design nordico tradizionale ma che rappresenta anche imponenza, flessibilità e importanza.
Può essere assemblata senza colla e senza attrezzi grazie al materiale di cui è composta cioè il Polipropilene ignifugo ed è in grado di sopportare eccessivi sbalzi di temperatura.
Nel 2002 ha vinto il Formland Design Award e nel 2003 è nel 2003 la Norm 69 è stata votata come Best Product durante la IMM International Furniture Fair di Colonia.
Ad oggi è presente in oltre 60 paesi del mondo e la rende una delle icone più giovani della storia.

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Lampada Eclisse – 1965

Vico Magistretti
by Artemide

Ideata dal genio di Vico Magistretti, che vinse il Compasso d’oro anche grazie ad essa, la lampada Eclisse nacque da un’ispirazione avvenuta in metropolitana a Milano, dopo un incontro con il patron di Artemide, l’ingegner Ernesto Gismondi.

Gli dissero: “Architetto, c’è bisogno di disegnare una lampada da notte perché tutti vanno a letto!
Da ciò Magistretti ebbe un’illuminazione letteraria e pensando alla lampada usata dai ladri nel libro di Victor Hugo “I miserabili”, ideò la lampada Eclisse, divenuta una delle icone del design italiano più famose al mondo.

Eclisse rappresenta essenzialità e semplicità. Alta pochi centimetri, è composta da sole tre sfere sovrapposte e incastrate in alluminio: la prima sfera è la base, la seconda il paralume e la terza, scorrevole, serve per modulare la luce scegliendone la gradazione. La sua forma perfetta e la sua funzione ricordano tra l’altro l’eclissi che effettua la luna mentre oscura il sole.

L’alluminio, materiale versatile, regalò però un difetto: il surriscaldamento.
Lo stesso Magistretti si divertiva a immaginare quanta gente aveva fatto l’amore con vicino la sua lampada o quanti si fossero bruciati le dita.
Una cosa è certa: questo difetto è comunque nettamente inferiore rispetto alla sua idea creativa, estetica e funzionale.

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Juicy Salif – 1988

Philippe Starck
by Alessi

Ci sono prodotti che entrano di diritto nella storia del design poiché hanno arricchito la vita di tutti giorni di una potenza comunicativa e figurativa.

Tra le icone del design più audaci e amate c’è sicuramente lo spremiagrumi “Juicy Salif” o più comunemente chiamato “lo spremiagrumi di Starck”. Tutto nasce da una vacanza del designer Philippe Starck insieme ad Alberto Alessi in Toscana dove, chiedendo del limone per condire una frittura di pesce, gli venne in mente questo meraviglioso oggetto, disegnandone la bozza su una semplice tovaglietta di carta.

Formato da un corpo centrale a forma di goccia e da tre gambe distanziate radialmente di 120° l’una dall’altra (in un unico pezzo di alluminio pressofuso e poi lucidato), lo spremiagrumi entra nell’olimpo del design contemporaneo evocando la forma di una navicella aliena o di un simpatico ragno.

Una piccola grande innovazione però sta nel fatto che, rispetto agli spremiagrumi tradizionali, non è presente il contenitore in cui raccogliere il liquido, che è sostituito direttamente dal bicchiere. Funzione e forma lo fanno diventare una vera e propria scultura, che ognuno vorrebbe avere nella propria cucina. Un oggetto che, seppur criticato da molti per la sua poca funzionalità, ha saputo caricarsi di una forza di espressione unica e inimitabile.

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Calendario perpetuo Timor – 1967

Enzo Mari
by Danese

Ci sono i calendari usa e getta e poi vi è un calendario che ha fatto la storia del design mondiale. Il calendario perpetuo Timor di Enzo Mari è un pezzo di design destinato a durare per tutta la vita di chi lo possiede. La sua ideazione avvenne in risposta a quel forte consumismo italiano di quegli anni diventando un oggetto “familiare” di cui prendersi cura attraverso l’aggiornamento giornaliero.

L’oggetto è realizzato in plastica (bianca, nera o verde), un materiale leggero ed economico: i giorni e i mesi sono litografati in nero su fogli in PVC che possono ruotare attraverso un supporto centrale. Per quanto riguarda la forma dell’oggetto si dice che Mari si sia ispirato o alle segnaletiche ferroviarie, tanto amate da lui da piccolo, oppure a degli animali, amore manifestato per essi già con il gioco 16 Animali sempre per Danese. La sua dimensione di 15X6X9 cm può quindi assomigliare al becco di un pellicano quando è chiuso mentre a lamelle aperte, evoca la ruota di un pavone.

Oltre all’oggetto in sé, anche il font è diventato un must; l’Helvetica per Mari è un font diretto, immediato e tra l’altro molto amato dal designer ed utilizzato infatti in gran parte della sua produzione grafica quali manifesti, agende, biglietti, etc.

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Bookworm – 1994

Ron Arad
by Kartell

Siamo stati sempre abituati ad immaginare una libreria come un insieme di piani orizzontali, fino a quando non è arrivato Ron Arad.
Arad, dopo aver studiato architettura, aveva una visione ben precisa inerente la realizzazione di una libreria: flessibile e serpeggiante, che ne avrebbe alterato il concetto noto fino a quel momento.

Inizialmente, essendo quasi un esperimento, la libreria dal nome insolito “Topo da biblioteca” era composta da una lastra in acciaio. Successivamente la Kartell, azienda pioniera nel campo dei complementi d’arredo in plastica, nel 1994 si interessò a questo design.
Nacque così la Bookworm definitiva, composta da un termoplastico estruso flessibile con varie possibilità di colore per il mercato di massa senza compromettere la resistenza, la stabilità e la funzionalità rispetto a quella in acciaio.

La più grande innovazione però fu nel suo utilizzo. Ogni persona può configurarla come vuole, disponendola nello spazio rispetto alle proprie possibilità, come modellare un’opera scultorea. Entrata a tutto titolo tra le icone del design, la si trova un po’ ovunque, nelle case, negli uffici e negozi di tutto il mondo.

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Poltrona Lady - 1949

Marco Zanuso
by Cassina

La prima poltrona in gommapiuma e poliuretano espanso della storia? Ebbene sì, è proprio la poltrona Lady.

Ideata da Marco Zanuso nel 1949 per l’allora azienda Arflex, marchio creato dalla Pirelli per ideare nuovi sistemi di seduta in schiuma espansa rivestita, avrà subito un grandissimo successo grazie anche alla sua più facile tecnica di riproduzione.

Un’icona del design che si impose subito sul mercato grazie al suo stile allegro, conferitogli dal contrasto tra un corpo voluminoso e dalle gambe sottili che mette in risalto l’intera forma sinuosa. Come affermato in precedenza, molto importante per il suo successo è stato il processo di produzione industriale che ha permesso di creare nuovi prototipi con nuovi aspetti e contorni apprezzabili con standard industriali prima di allora impensabili. La poltrona è composta da ben quattro elementi in gommapiuma che vengono montati successivamente sulla struttura.

Oggi l’azienda Cassina ha ereditato questa meraviglia del design realizzando anche una serie esclusiva di tessuti firmati da Raf Simons.

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Lettera 22 - 1950

Marcello Nizzoli & Giuseppe Beccio
by Olivetti

La Lettera 22 della Olivetti è conosciuta per essere stata la prima macchina da scrivere portatile e accessibile a tutti.

Messa in commercio nel 1950, diventa immediatamente un oggetto di culto perché entra nelle case di insegnanti, impiegati e artisti. Grazie al suo design asciutto e lineare crea il perfetto connubio tra bellezza estetica e funzionalità.

Con un meccanismo di funzionamento dotato di leve a pressione, ha una tastiera di tipo QZERTY e le sue dimensioni gli hanno garantito il successo per compattezza e praticità: larga 32,4cm, profonda 29,8cm e alta solo 8,3cm e con un peso totale di soli 4kg.

Il suo utilizzo è stato accostato a firme celebri del giornalismo e della letteratura come Ernest Hemingway, Oriana Fallaci, Enzo Biagi, Pier Paolo Pasolini, conquistando nel 1959 il titolo di primo posto tra i 100 migliori prodotti di design realizzati negli ultimi 100 anni. È inoltre esposta in alcuni dei più famosi musei del mondo tra cui il MOMA di New York.

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Ultrafragola - 1970

Ettore Sottsass
by Poltronova

Come si può resistere al fascino di Ultrafragola?
Ideato dal genio Ettore Sottsass per il band Poltronova, lo specchio/lampada Ultrafragola con i suoi quasi due metri di altezza, grazie alla sua luce rosa inonda ogni spazio di bellezza.

Le forme morbide, tondeggianti e sinuose corrispondono alla cornice che quando spenta è grigia, ma una volta accesa, grazie al suo colore, diventa un portale verso un mondo fantastico. Il materiale della cornice è un termo forato in materiale plastico opalino con incorporata luce al neon.

L’idea di Sottsass fu di prendere ispirazione da una delle favole più famose del mondo, Alice nel Paese delle Meraviglie di L.Carrol e di omaggiare in generale le donne, ma perché?

Perché come già accennato prima, la sua forma così onirica sembra un vero e proprio portale verso un mondo da scoprire, in cui lo specchio e la lampada si fondono per creare un pezzo dal design unico e iconico. Inoltre è un omaggio alle donne e alla loro delicata vanità, trasmessa dalla forma morbida e concisa.

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I Componibili - 1967

Anna Castelli Ferrieri
by Kartell

I giocosi Componibili della Kartell ancora oggi sono tra i best seller dell’azienda, diventati celebri in tutto il mondo e addirittura facente parti della collezione permanente del Modern Museum of Art di New York e del Centro Pompidou di Parigi.

Progettati da Anna Castelli Ferrieri, una delle prime donne italiane laureate in architettura, i componibili rispecchieranno non solo un’estetica minimale ed allegra ma anche una forte funzionalità rispetto alla modernità che si stava affermando in quegli anni.
I componibili sono in linea con i gusti degli anni ’60, anni di boom economico e di grandi idee creative e innovative.

Come per il mondo dell’industria, anche il mondo del design s’ispira allo sviluppo economico attraverso la “produzione seriale” che diventa anche riferimento estetico. Uno dei materiali che in quegli anni raggiunge grande successo è la plastica ed è proprio con questo materiale che saranno realizzati: flessibilità, modularità e leggerezza saranno le parole chiavi per porre l’accento sulla loro forza ideativa.

Progettati con i colori più vari, i componibili riscontreranno subito un grandioso successo dovuto anche alla loro praticità e al loro potersi adeguare a molti ambienti della casa.

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Hang It All – 1959

Charles & Ray Eames
by Vitra

Il prodotto non ebbe successo subito dopo la sua ideazione ma nel corso degli anni, ed è tutt’oggi uno degli oggetti di design più copiati e riprodotti della storia.

Nel 1953, la coppia Eames decise di progettare e realizzare l’appendiabiti per insegnare ai bambini come appendere gli abiti in maniera giocosa. Inizialmente le palline erano realizzate in legno di faggio di colori differenti e nel corso degli anni, la cromia ha subito delle variazioni anche per potersi adeguare ai costumi di ogni tempo.

Il più famoso Hang It All rimane quello costituito da sfere colorate che ricordano i “lecca lecca”, posti alla fine di un insieme di tracciati metallici realizzati in ferro e acciaio dalle linee morbide. Le palline inizialmente erano prodotte artigianalmente con un tornio mentre oggi, con l’avanzare della tecnologia, sono realizzate tramite una lavorazione a controllo numerico.

La distanza fra le sfere è sempre costante e questo ne permette l’ampliamento per poterlo utilizzare anche in ambienti diversi da quelli di una stanza da letto. La coppia Eames ha utilizzato spesso nei propri progetti il legno e il metallo, ed è grazie anche a questo che l’Hang It All negli anni è divenuto uno dei loro prodotti più iconici.

24 - Hang It All

Lampada Cobra – 1968

Elio Martinelli
by Martinelli Luce

Da un design accattivante e futuristico sino a un cobra pronto ad attaccare, questa è l’anima della lampada Cobra ideata da Elio Martinelli, il designer lucchese della luce oggi prodotta dall’azienda Martinelli Luce.

Con le sue linee dinamiche ed eleganti, la Cobra sposa a pieno un mix tra creatività e professionalità tecnica grazie anche all’utilizzo dei polimeri, materiali di grande interesse in Italia che tra l’altro nel 1963, portarono Giulio Natta a vincere il Premio Nobel proprio per i suoi studi sulle materie plastiche.

Ma perché questo nome?

Perché la grande particolarità di questa lampada è il suo trasformismo. La conformazione iniziale è inscrivibile all’interno di una sfera semplice ma che d’un tratto può cambiare dimensione con un raffinato gesto. Attraverso la rotazione della sua parte superiore, la lampada assume una forma a “S” che ricorda il guizzo di un cobra pronto ad attaccare.

La sua forma, sia quando è sferica sia una volta trasformata, permette di utilizzarla sia come punto luce all’interno di uno spazio, che come elemento funzionale sopra una scrivania da lavoro. La fusione di creatività, estro, tecnica e geometria ha regalato una delle icone del design più affascinanti della storia del design italiano.

23 - Lampada Cobra

LC2 - 1928

Le Corbusier
by Cassina

Se si pensa ad una poltrona iconica ed immortale, sicuramente la LC2 progettata da Le Corbusier è unica e fuori da ogni tempo.

Per realizzarla, Le Corbusier studiò meticolosamente le posizioni del corpo umano in ogni sua forma abbozzando in linea di massima un modello di seduta in grado di rispondere universalmente a tali posizioni in cui estetica e funzionalità si fondessero.

Il modello LC2 fu progettato nel 1928 insieme a Pierre Jeanneret e Charlotte Perriande prodotta per la prima volta dall’azienda Thonet;in seguito nel 1959 fu lanciata una seconda edizione dalla gallerista Heidi Weber di Zurigo fino ad arrivare al 1964 in cui l’azienda italiana Cassina acquisì i diritti di un primo gruppo di modelli LC1, LC2, LC3 e LC4.

Nel 2010 la collezione LC fu ampliata con altri modelli di legno disegnati solo da Le Corbusier senza i colleghi sopra citati.

La sua struttura è composta di pezzi piatti e tubolari di acciaio in alta qualità saldati magistralmente insieme che sorregge tutto e rivestita con una cromatura protettiva (introdotta nel 1950). La struttura contiene ovviamente i cuscini (in pelle o tessuto), e la separazione tra questi due elementi esprime a pieno la logica del razionalismo. Un concentrato di eleganza, qualità e creatività.

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Heart Cone Chair – 1959

Verner Panton
by Vitra

Verner Panton nel corso della sua vita lavorativa produsse molte icone del design, tra cui la famosa sedia “S” in plastica curva, ma non fu il pezzo di design più sorprendente che realizzò. Verner si cimentò sempre in forme geometriche ma lasciando spazio anche al modernismo scandinavo; l’unione di questi stili permise di ideare un’icona dal design inimitabile, la Heart Cone Chair.

Inizialmente la poltrona fu progettata per un ristorante danese e si chiamava semplicemente “Cone Chair” acquisendo il nome proprio dalla figura geometria cui s’ispirava cioè il cono. In seguito, con una variazione sul design originale, la sedia fu impreziosita da una silhouette a forma di cuore che indusse a chiamarla ovviamente Heart Cone Chair.

La sedia ha grandi ali sporgenti dalle linee morbide che con delicatezza avvolgono la persona conferendo ergonomicità e confort. La base girevole è composta in acciaio inox, su di essa un guscio imbottito semicircolare si estende verso l’alto a formare la parte posteriore creando una poltrona dinamica ed elegante. Il tessuto con cui è realizzata è disponibile in tantissime variazioni cromatiche, anche se il colore rosso rimane la scelta più coerente per porre l’accento ancor di più sulla forma cuoriforme, delicata e unica.

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Snoopy – 1967

Pier Giacomo e Achille Castiglioni
by Flos

Il termine che viene subito in mente pensando alla lampada Snoopy è: ironico.
Con le sue linee che richiamano volutamente l’omonimo cane, famoso già dagli anni ’50 tramite i fumetti, la sua forma non è fine a se stessa. La Snoopy, quando fu ideata, diventò una delle lampade più innovative del tempo poiché introdusse concetti illuminotecnici completamente nuovi in cui la tecnologia ne era uno degli aspetti principali.

La lampada da tavolo è bilanciata da materiali dall’aspetto sobrio quali il marmo di Carrara della base ed il riflettore in metallo verniciato. Proprio nel marmo abbiamo quell’aspetto tecnologico che, al tempo, era decisamente innovativo: in esso è alloggiato l’interruttore e il regolatore transistor per l’intensità della luce, comandata da una piccola manopola rotante che permette così un minimo ingombro. Ovviamente ai giorni nostri questo sistema è stato sostituito da una tecnologia con sensore touch dimmer.

Sulla base in marmo poggia il riflettore metallico, che crea un’asimmetria determinata dalla base, obliqua rispetto al piano, la quale ha subito un’attenta distribuzione dei pesi delle parti che la compongono per permettere la massima stabilità possibile.

Per festeggiare i 50 anni di Snoopy, una delle lampade più iconiche della storia, la Flos ha realizzato un’edizione limitata composta da 1700 pezzi. Una edizione speciale che riporta alla luce proprio il progetto originario, conservato oggi alla Fondazione Achille Castiglioni.

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Egg Chair – 1958

Arne Jacobsen
by Fritz Hansen

Disegnata per il Radisson Sas Hotel di Copenaghen, Arne l’aveva ideata reinterpretando in chiave moderna la poltrona classica bergè seguendo una nuova idea di seduta: una poltrona delicata ed avvolgente come un nido che accoglie le uova, proprio da questo deriva il suo nome. Pensata proprio per una hall di albergo, che permettesse di potersi rilassare in un modo più informale e comodo ma potendosi comunque riparare dagli sguardi indiscreti dei fruitori dell’hotel grazie alla presenza delle “orecchie” sullo schienale.

Una seduta che acquista caratteristiche di scultura dove l’uovo rappresenta la metafora della vita dove religione e filosofia entrano in contrapposizione. Un guscio (lo schienale) che accoglie e ripara, gli imbottiti morbidi ed accoglienti protettivi, una linea delicata che invoglia al relax.

La sua struttura in fibra di vetro e schiuma poliuretanica, permette allo schienale di reclinarsi ed essere rivestito da pelle e tessuti tra i più disparati permettendo alla poltrona di essere posizionata in ambienti differenti, dai più classici a quelli più eclettici. Eliminati quindi spigoli e forme rigide, Arne con la sua matita ha seguito un percorso dominato da curve morbide e sinuose che lo hanno portato a realizzare una poltrona dal benessere assoluto il cui successo è ancora oggi intramontabile.

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Piatti Tema e Variazioni – 1952

Piero Fornasetti
by Fornasetti

Quando si nomina Fornasetti si pensa subito ad un qualcosa di magico, dove il fantastico ed il surreale si fondono per dare vita ad un artigianato che trova nell’arte il suo più grande appoggio.
Piero Fornasetti ha ideato uno stile riconoscibile, unico al mondo dove la decorazione diventa la chiave per creare icone di design funzionali ed audaci e che continuano ancora oggi con il figlio, Barnaba Fornasetti, al timone dell’azienda.

Gli anni’50 sono la svolta per Fornasetti, il quale dopo aver fondato il suo Atelier scoprirà nel 1952 su di una rivista, il volto di Lina Cavalieri, nota cantante lirica del XIX secolo. Affascinato ed ammaliato da tanta bellezza, Fornasetti ideerà in suo onore un’intera serie dal nome “Tema e variazioni” in cui il volto della cantante sarà riprodotto in oltre 350 versioni differenti su oggetti di uso quotidiano ma con la sua massima espressione in piatti di porcellana.
Che sia caratterizzata da occhiali, con insetti volanti, intrappolata dietro le sbarre, il volto della Cavalieri sarà sempre riconoscibile inducendo nel tempo anche ad un collezionismo di grande spessore.

Fornasetti riuscì così a creare delle piccole opere d’arte con un solo volto trasfigurandolo attraverso l’arte e permettendo di creare giochi metafisici, visioni e dettagli con il suo disegno e rendendo il Made in Italy, ancor più unico e ammaliante.

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CH07 Shell Chair - 1963

Hans J.Wegner
by Carl Hansen & Søn

Una sedia con tre gambe può destare titubanza, ma la bellezza e funzionalità della sedia CH07 disegnata nel 1963 dal designer danese Hans Wegner ha fatto comparire un sorriso sul volto di tutti, proprio come la forma della seduta stessa.
Una sedia leggera e dalle linee morbide dove eleganza e forme organiche si intrecciano rendendo celebre il suo stile che perdura nel tempo diventando una vera e proprio icona di design.

Chiamata anche “sedia sorridente” o “sedia a conchiglia” la seduta, nonostante le sue tre gambe, ha una stabilità assoluta, raggiunta grazie alla grande esperienza in ebanisteria e architettura di Wegner. Lo stesso designer affermò in passato: “una sedia, deve essere bella da tutti i lati e angoli” e ciò è visibile senza alcun dubbio nella realizzazione di questo grande oggetto iconico.

I materiali utilizzati per la sua realizzazione sono di altissimo livello: lo schienale ed il sedile sono realizzati con laminati in legno in forma pressata mentre le gambe anteriori sono realizzate in un unico pezzo di legno lamellare sempre dalle linee morbide e leggere. La seduta e lo schienale sono imbottiti in tessuto o in pelle con a volte anche azzardi cromatici.

La sua forma e la sua particolarità non venne apprezzata quando venne ideata e subì un’interruzione di produzione negli anni ‘70, ma nel 1998, forse quando i tempi erano diventati ormai maturi, la sedia venne rimessa in produzione vincendo numerosi premi di design.

La sua bellezza è ancora prodotta nella sua versione originale da Carl Hansen & Søn in Danimarca.

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Lampada Taccia - 1962

Achille e Pier Giacomo Castiglioni
by Flos

Se la lampada da tavolo Taccia non è un’icona, allora cosa dovrebbe essere un’icona del design?

Dal genio dei fratelli Castiglioni, la lampada Taccia, prodotta nel 1962 ha un design dall’aspetto neoclassico con un supporto che rimanda ad una colonna greca ma che in realtà e ispirato ai tubi delle stufe per la loro capacità di disperdere calore.

Come gli stessi fratelli ammisero, la lampada fu pensata inizialmente in modo sbagliato. Al tempo, spinti dall’entusiasmo per i nuovi materiali sintetici, decisero di utilizzare per la sua realizzazione la plastica trasparente che a causa del calore delle lampadine a incandescenza si deformava fino a raggiungere una forma di un foglio piatto. Da qui l’idea di cambiare materiale sino ad arrivare al vetro.

Da qui nasce quindi l’inimitabile Taccia. La lampada da tavolo è composta da una base in alluminio estruso anodizzato “naturale” o verniciato nero (profilata con delle sporgenze per migliorare la diffusione del calore della lampadina), sulla base è appoggiata una campana di vetro profonda sulla sommità orientabile sulla quale è posto un disco concavo in alluminio smaltato con vernice bianca. La base in metallo nasconde al suo interno la lampadina ad rendendo la fonte luminosa leggera e non accecante data la trasparenza del vetro della campana.

Al di là delle difficoltà iniziali, la storia ha un lieto fine al punto che lo stesso Castiglioni si permise di dire sulla Taccia: “è la Mercedes delle lampade, un simbolo di successo”.
Ed in effetti il successo è arrivato e perdura nel tempo.

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Poltrona Nemo - 2010

Fabio Novembre
by Driade

Ad undici anni dalla sua creazione, la seduta Nemo, è diventata un’icona riconosciuta da tutti a livello mondiale. Il suo designer, Fabio Novembre, riconduce spesso le sue opere alla cultura greca, al teatro e all’arte statuaria

Sicuramente eclettica, enigmatica e per certi versi inquietante, la poltrona Nemo, più che una semplice seduta, risulta una poltrona-scultura che coniuga e fonde in sé design, funzionalità ed arte contemporanea conferendogli un carattere teatrale. Una seduta di una certa dimensione, imponente, che posizionata in uno spazio chiuso di varia natura oppure in giardino, cattura l’occhio e la curiosità di chi la vede.

Lo schienale della seduta, riprende i lineamenti di un volto umano dai tratti classici, come se fosse una maschera, inespressiva e dagli occhi forati, priva di memoria ed espressione, un volto sospeso fuori dal tempo. Il suo schienale alto, ne conferisce un carattere avvolgente, creando uno spazio dove nascondersi, con uno schienale alto e accogliente. La seduta è prodotta sia su base girevole che fissa in polietilene in svariate colorazioni, dal bianco al rosso, dal nero al grigio.

Nel 2020, in occasione della Milano Design City, per il decimo anniversario dalla sua creazione, è stata presentata l’installazione NEMO, OMNI. La poltrona, per promuovere uguaglianza e inclusività, è stata proposta in cinque colorazioni Skin Tone; essendo un volto che rappresenta anche la bellezza, non poteva essere rappresentata da un solo colore.

Un’icona del design che riesce a fondere in sé arte, cultura, comunità, espressioni e messaggi globali di inclusività.

Poltrona nemo

Sedia Panton - 1967

Verner Panton
by Vitra

Progettata per aderire alle linee del corpo, la sedia Panton, disegnata da Verner Panton, è stata ideata tra il 1959-1960 e solo nel 1967 verrà messa in produzione da Vitra.

La Panton: iconica, stilosa e realizzata in un unico stampo, diventerà facilmente uno degli oggetti di culto del design del XX secolo proprio per la sua forma, tanto inusuale quanto sorprendente. Diventò persino oggetto di scandalo quando nel 1971, per un servizio di una rivista britannica, Amanda Lear mostrava in modo sensuale il suo corpo appoggiata alla sedia.

Dalla data di ideazione alla produzione passarono diversi anni, questo perché al tempo era molto difficile se non proprio impossibile realizzare la sua forma a sbalzo sfidando le leggi di gravità. L’innovativo materiale (poliestere con fibroresina e poliuretano) e la possibilità di averla in varie tipologie di colore, permise alla panton di diventare immediatamente un oggetto strepitoso che la rendeva perfetta in qualunque contesto.

Vi era però un altro problema da superare, il suo elevato costo di produzione. Verso la fine degli anni 70, a causa di ciò, la Panton subì una battuta d’arresto e fu bloccata la sua produzione. Ci vollero ulteriori dieci anni per farla ritornare in “piazza” grazie ad un nuovo materiale, la schiuma poliuretanica, che aveva un costo nettamente inferiore e che la portò a diventare una vera e propria icona pop.

Nel 2017 per festeggiare mezzo secolo dalla sua ideazione, vennero prodotte due edizioni limitate per la Panton: la Panton Chrome e la Panton Glow. La Chrome in cui la sedia acquisisce una finitura a specchio grazie ad un processo di metallizzazione, mentre la Glow realizzata attraverso un complicato processo in cui vengono posti cinque strati di vernice contenenti pigmenti fosforescenti che assorbendo la luce solare, emettono un meraviglioso bagliore azzurro al buio.

Lampada da tavolo Bourgie – 2004

Ferruccio Laviani
by Kartell

Ormai diventata un best seller senza tempo, la lampada da tavolo Bourgie è entrata nell’olimpo del design grazie al suo ideatore Ferruccio Laviani, che per Kartell ha creato un’icona che mette d’accordo generazioni distanti tra loro grazie al suo concept ideativo.

Già il suo nome è un programma!

L’ispirazione venne mentre Laviani ascoltava la canzone dei Gladys Knight & The Pips “Bourgie, bourgie”, con cui negli anni ’70 si prendeva in giro la borghesia del tempo, e proprio per questo pensò ad un oggetto di design che scardinasse l’idea del classico e del formale in modo ironico.

Tutto nacque dal prendere come esempio uno stile seicentesco, stravolgendolo attraverso l’utilizzo di un materiale innovativo, il policarbonato, che trasforma l’oggetto classico in un’icona pop. La lampada acquisisce, senza perdere la sua forma classica, un aspetto contemporaneo grazie alla sua trasparenza, al contrasto tra la forma ed il supporto ed alla possibilità di poterla avere in diverse colorazioni rendendola versatile per ogni ambiente.

La sua base bidimensionale è caratterizzata da forme curve e sinuose (che richiamano la linea barocca) che terminano con un cappello realizzato con effetto plissé, che spostandone l’attacco, permette di trasformarne l’uso in base alle occasioni: diventa così una lampada da ufficio, da scrivania, come abat-jour e persino da posizionare sul pavimento.

Un’icona del design di culto, scenografica e intramontabile.

Lampada Bourgie

Libreria/divisorio Carlton – 1981

Ettore Sottsass
by Memphis Milano

Prima di raccontare come nacque la libreria Carlton bisogna fare un excursus inerente il suo creatore, il designer Ettore Sottsass ed il collettivo Memphis.

Nel 1981, Ettore Sottsass fonda con Hans Holleim, Andrea Branzi, Arata Isozaky, Michele de Lucchi e molti altri architetti internazionali, un collettivo italiano denominato Memphis che rimarrà attivo fino al 1987 con l’obiettivo di voler reagire al design che era stato imposto negli anni ’70, caratterizzato secondo la loro visione da poca personalità e da colori poco brillanti e spenti.

Così fu che i membri del gruppo, idearono un centinaio di mobili ed altri oggetti, dai colori sgargianti e dalle forme più bizzarre prendendo ispirazione dall’art déco, dalla pop art e di conseguenza dalla cultura di massa di quegli anni.

Il gruppo Memphis divenne così il portavoce di una nuova idea di mobile contemporaneo, dove l’oggetto acquisisce aspetti emotivi e simbolici. La più grande icona del design scaturita da questo vortice di idee fu la libreria Carlton, il capolavoro di Sottsass che rispecchia proprio le caratteristiche sopra descritte. Questa libreria, (utilizzata anche come parete divisoria date le sue dimensioni) attraverso l’immaginario, ha una forma “antropomorfa” poiché richiama l’immagine di un uomo con le braccia sollevate e le gambe aperte ed è ovviamente caratterizzata da colori audaci e sgargianti.

Nonostante la sua forma vagamente instabile (cosa che Sottsass voleva far percepire), la libreria è molto solida poiché caratterizzata da pannelli in laminato assemblati tra loro e da cassetti scorrevoli che poggiano su di una spessa base bianca e nera.

La sua forma geometrica, l’ecletticità e l’unicità diventano così forti da far sì che quest’icona del design venga vista non come un elemento da coordinare nell’ambiente circostante bensì come un vero e proprio monumento, che da solo diventa il centro di tutto.

Libreria/divisorio Carlton – 1981

Tavolo Tulip – 1955

Eero Saarinen
by Knoll

Sono tantissimi gli oggetti di design che nel corso del tempo sono entrati a far parte del nostro “corredo culturale/estetico”. Tra questi, nel 1955 nasce una delle icone del design moderno più importanti del mondo: il tavolo Tulip di Eero Saarinen.

Con un design unico e innovativo che ricorda il fusto del tulipano, Saarinen si discosta dall’immaginario collettivo che rappresenta il tavolo come adornato di quattro gambe, dando vita ad un oggetto caratterizzato da una sola gamba centrale che si apre come uno stelo per sorreggere la corolla, ovvero il piano. Della collezione entreranno a far parte anche le famosissime sedie Tulip realizzate sempre secondo lo stesso criterio.

Saarinen ideò questo tavolo per evitare il “groviglio” fastidioso delle gambe dei tavoli, di sedie, di gambe umane: questa confusione era per lui il “mondo brutto confuso e inquietante”. Il progetto però fu il frutto di una grande sperimentazione data dal voler progettare per la Knoll dei complementi di arredo per la casa innovativi e geniali.

Oltre alla forma, la grande innovazione fu data anche dai materiali: la fibra di alluminio, con cui fu realizzata inizialmente la base, poiché al tempo la plastica non era ancora sufficientemente resistente per reggere il peso del piano, e la fibra di vetro, come scocca sagomata e rivestita in nero, bianco o platino. Il piano invece ancora oggi è disponibile sia tondo che ovale in laminato, impiallacciato o marmo.

Oggi i brevetti per le opere di Saarinen sono scaduti ma come si può riconoscere l’originale? Attraverso la targhetta con il logo della Knoll e la firma del designer sulla base, proprio per attestarne l’autenticità.

Tavolo Tulip

606 Universal Shelving System – 1960

Dieter Rams
by De Padova

Ci sono librerie che diventano talmente potenti dal punto di vista comunicativo che lasciano nel tempo un segno indelebile; questo è il caso della mitica 606 Universal Shelving System progettata dal leggendario Dieter Rams.
Nata negli anni ’60 e rieditata nel 1984 da Maddalena De Padova, la 606 ancora oggi mantiene un elevatissimo successo che dura grazie all’essenzialità del suo stile ed alla sua molteplice funzionalità, conferita dal pratico sistema a moduli componibili di cui essa è composta.

Forme semplici e geometriche creano un sistema di scaffalature adattabili a qualsiasi ambiente rendendola versatile: può diventare bifacciale quindi svolgere una funzione divisoria tra diversi spazi, utilizzando montanti fissati al soffitto o al pavimento oppure può essere utilizzata in modo classico cioè agganciata ad una parete giocando con le svariate composizioni modulari.

I ripiani sono costituiti da fogli in alluminio molto sottili che divengono piegati alle estremità per favorirne l’aggancio o l’appoggio. Il materiale e la sua fine lavorazione, gli donano un carattere minimale che può essere anche impreziosito da cassettiere oppure da un piano scrittoio. Inoltre la libreria è disponibile in tre diverse finiture di alluminio: anodizzato satinato, anodizzato nero opaco oppure verniciato bianco. Come accennato inizialmente, nel 1984 Maddalena De Padova ottiene da Rams i diritti per produrne una versione totalmente in alluminio ed è ancora oggi tra i pezzi più importanti e riconoscibili dell’azienda De Padova.

Universal Shelving System – 1960 Dieter Rams

Divano Togo – 1973

Michel Ducaroy
by Ligne Roset

Se si pensa al poliuretano espanso viene difficile immaginare un oggetto dall’alto valore estetico associabile all’interior design e invece, proprio con questo materiale, il designer Michel Ducaroy ha realizzato un’icona dal design unico e anticonformista: il divano Togo.
Un divano senza braccioli che, proprio grazie al poliuretano di 5 densità, acquisisce una forte elasticità ed un comfort inimitabile nella sua complessità. La seduta foderata in tessuto o in pelle (completamente sfoderabile) è caratterizzata da una lavorazione in pieghe che, grazie al contenuto in ovatta di poliestere, ottiene una morbidezza gradevole e avvolgente.

Questa sensazione è ancor di più amplificata dalle forme che il divano può assumere e proprio per questo, viene spesso associato in modo giocoso ad un bruco o ad un tubetto di dentifricio. Il mix di materiali e pieghe creano una massa avvolgente e corposa che risulta leggera nonostante la sua dimensione.

Il divano Togo fu presentato al Salone del Mobile di Parigi nel 1973 e divenne talmente popolare che subito Ducaroy e la Ligne Roset si misero al lavoro per creare ulteriori pezzi aggiuntivi tra cui poltrone informali oppure il famoso elemento ad angolo capace di creare un divano dalle dimensioni e forme stravaganti.

Ducaroy sviluppò anche altre idee tra cui un divano letto con struttura flessibile a materasso che nonostante la sua particolarità non riuscì ad avere lo stesso successo dell’originale.

Ancora oggi, nonostante i suoi anni, il divano Togo è emblema di contemporaneità; un’icona intramontabile, su cui abbandonarsi e da cui farsi avvolgere.

divano togo

Poltrona Barcelona - 1929

Ludwig Mies van der Rohe
by Knoll

Quando si pensa a Ludwig Mies van der Rohe si pensa subito al progetto della “Casa Farnsworth”, al Neue Nationalgalerie a Berlino e sicuramente al padiglione realizzato per l’Esposizione Universale di Barcellona nel 1929. Proprio in questa occasione nasce una delle icone del design mondiale, la Poltrona Barcelona.

L’idea di Mies partì proprio dal voler rivisitare in chiave industriale la “sella curulis”, lo scranno etrusco utilizzato nell’antica Roma, riservato al magistrato e a chi amministrava il potere, ma non per un puro esercizio, bensì per poter accogliere al meglio i reali di Spagna durante l’esposizione; lo stesso Mies affermò che concepì questa seduta “per il riposo del re”.

La Barcelona venne progettata secondo le tecnologie del tempo e quindi adoperando una parte metallica in pezzi imbullonati (poi nel 1950 sostituita dall’acciaio inossidabile) con piedi ricurvi eleganti e delicati. Per il rivestimento dell’imbottito inizialmente aveva pensato (sempre richiamando l’antica Roma) al cinghiale, successivamente sostituito con la pelle di bovino suddivisa in 40 riquadri tutti cuciti a mano e trapuntati con bottoni agli angoli di ogni riquadro.

La leggerezza ed esilità della sua struttura, insieme all’imbottito corposo e artigianale, conferiscono alla poltrona Barcelona uno stile elegante, importante e di grande effetto.

La produzione della Barcelona non si è mai interrotta nemmeno durante la Seconda Guerra Mondiale; nel 1953 lo stesso Mies cedé i diritti di commercializzazione e produzione al marchio Knoll, dell’amico Florence Knoll durante il suo periodo all’Illinois Institute of Technology (tra l’altro progettato sempre dallo stesso Mies).
icone del design

Lampada Atollo - 1977

Vico Magistretti
by Oluce

Vincitrice del Compasso d’Oro a soli due anni dalla sua ideazione, “Atollo” è una delle lampade più iconiche del panorama mondiale e dal design intramontabile.

Ideata dall’architetto, urbanista e quindi design Vico Magistretti, questa lampada stravolge la classica idea di abat-jour utilizzando tre forme ben distinte: un cilindro, un cono ed una semisfera - dei solidi geometrici puri.

Una lampada che non aggiunge elementi, bensì li toglie, giocando sulla sottrazione, diventando così essenziale e geometrica ed in cui le forme si trovano in perfetto equilibrio donando uno stile decorativo unico e ricercato.

La lampada fu commissionata dall’azienda “Oluce” ed è stata pensata inizialmente in due varianti di materiale, una versione in alluminio laccato e l’altra in vetro opalino entrambi adatti ad una diffusione luminosa accogliente e delicata. Esistono attualmente sei modelli della lampada: tre per la tipologia in metallo e altrettanti per quella in vetro.

Una lampada versatile, che si adatta a tutti gli ambienti: dal salotto alla camera da letto, dallo studio sino all’ingresso.
le icone del design - lampada atollo

Poltrona Proust - 1978

Alessandro Mendini
versione di stoffa by Cappellini
versione di plastica per esterno by Magis

Il risultato di questa grandiosa opera di Alessandro Mendini, architetto, artista e designer italiano di fama mondiale, deriva proprio da una dichiarazione forte e incisiva: “tutto è già stato inventato e ciò che resta da fare è solo una rivisitazione di oggetti preesistenti, aggiungendo elementi decorativi o strutturali che modificano la dinamica dell’originale.”

Il tutto iniziò da un viaggio in Veneto in cui Mendini si imbatté in una poltrona in stile settecentesco che gli donò un’illuminazione artistica, portandolo nel 1978 a crearne il primo esemplare.

La più grande caratteristica di questa poltrona, oltre che il rimando alla storia, è l’utilizzo di punti policromi, che invadono l’intera poltrona dai tessuti alla struttura in legno, donandole così una sensazione di vaporosità. Vennero realizzati pochi pezzi ma tutti rigorosamente eseguiti da mani artigiane e controllate da Mendini in ogni loro curva e forma.

Attualmente la nipote di Mendini si occupa di dipingere a mano le singole poltrone mentre, per la grande distribuzione, abbiamo “Cappellini” che dal 1993 la produce attuando una modifica ai soli tessuti di rivestimento senza modificarne la struttura lignea; e la “Magis” che invece ne ha creata una versione per esterno in materiale plastico.

Da allora la storia di questa poltrona è solo costellata di successi, tanto da farla entrare nella collezione del MoMA.
6 - Poltrona Proust

Coffee Table - 1944

Isamu Noguchi
by Vitra

Chi è Isamu Noguchi?

Bisogna porsi questa domanda per comprendere il valore del Coffee Table. Noguchi oltre ad essere un architetto e designer, è stato soprattutto uno scultore.

Coffee Table nasce come una vera e propria scultura in cui il tavolo, strutturato in palissandro e vetro, utilizza il biomorfismo per creare funzione e arte. Il tavolo fu realizzato come una “scultura per l’uso” e “design per la produzione” adoperabile sia in ambienti di lavoro che residenziali.

La caratteristica principale oltre all’uso di materiali di qualità è la sua struttura. La base scolpita in massello di noce presenta due parti identiche invertite, posizionate su di un’unica asta di rotazione: questo ha permesso di dare stabilità alla base in vetro posizionata sopra ed allo stesso tempo caratteristica di fluidità ed eleganza.
tavoli icone del design

Tulip - 1956

Eero Saarinen
by Knoll International

Già dal nome si evince chiaramente che questa seduta è stata ispirata dal fiore omonimo. Essa è costituita da un piedistallo centrale che richiama lo stelo del fiore e va a costituirne anche lo schienale, un unicum che ha come obiettivo quello dell’accoglienza e della fluidità.

Non è un caso infatti che Saarinen creò questa seduta ispirandosi a forme morbide e delicate invece che allo stile austero e geometrico tedesco del tempo.

La caratteristica che la denota maggiormente oltre che alla sua forma, è la continuità tra la base girevole e la seduta stessa; la base girevole è realizzata in allumino rinforzato mentre la seduta in vetroresina pressata ed essendo simili come colori, risulta all’occhio che la seduta sia composta solo da un unico elemento.

La seduta è caratterizzata da un cuscino imbottito in varie colorazioni, rimovibile e sfoderabile.

Premiata anche dal Museum of Modern Art di New York e con il Federal Award for Industrial Design, la sedia entra a far parte delle grandi icone del design mondiale.
sedie icone del design

Serie UP - 1969

Gaetano Pesce
by B&B Italia

Sette diversi moduli di sedute in varie dimensioni e colori, una delle più grandi espressioni del Radical Design mondiale. La serie UP5+UP6, disegnata da Gaetano Pesce ha caratteristiche anatomiche inequivocabili a rappresentare un grembo materno che ricorda le statue preistoriche della fertilità con l’aggiunta di una sfera che funge da pouf legata al corpo della poltrona – “la donna con la palla al piede”.

Nel dettaglio è caratterizzata da due grandi seni posti nella parte superiore dello schienale, mentre la parte inferiore richiama le cosce, così che quando ci si siede ci si sente avvolti e protetti dalla madre come quando si era bambini.

La poltrona nasce sia come elogio alla donna (visibile nelle sue forme), sia come critica alla vita dura che in molte parti del mondo le donne subiscono (il pouf sferico, cioè la palla al piede).
Il materiale con cui le poltrone sono realizzate è il poliuretano successivamente rivestito in tessuto elasticizzato. Questo ha permesso fino al 1973 che venissero confezionate sottovuoto riducendo così l’ingombro dell’imballaggio di circa il 90%.
poltrone icone del design

Arco - 1962

Achille e Pier Giacomo Castiglioni
by Flos

Dalle cose semplici nascono le più grandi innovazioni. La lampada “Arco” di Achille e Pier Giacomo Castiglioni prende ispirazione dai vecchi lampioni stradali che permettono un punto luce sospeso. L’obiettivo era quello di creare un punto luce dall’alto senza dover per forza ricorrere ad un’illuminazione a soffitto (come nel caso dei lampadari).

La parola adatta è “essenzialità" come le maggiori opere di Castiglioni.

La lampada è costituita da una base a parallelepipedo verticale in marmo di Carrara (65 kg) con la particolarità di un foro che serve per poter spostare agevolmente l’intera lampada tramite l’inserimento di un elemento cilindrico (tipo manico di scopa).
L’arco è incastonato nella parte posteriore del marmo ed è costituito da ben quattro elementi in acciaio estrusi. La lampadina è posizionata a circa 2 metri di altezza per permette un’illuminazione a grande spettro rilassante. Il punto luce è posizionato in un diffusore a cupola formato da due pezzi: una calotta forata, che impedisce il surriscaldamento del portalampada, e un anello in alluminio che serve a regolare la posizione e l’altezza del diffusore in base alla regolazione dell’arco.
icone del design

Lounge Chair &Ottoman - 1956

Charles & Ray Eames
by Vitra

Nel 1956 la coppia di designer statunitensi (coppia anche nella vita) Charles e Ray Eames creano quella che diventerà una delle icone di stile, la “Lounge Chair” per alberghi, locali esclusivi e business area.
Un basamento girevole in alluminio, contiene una scocca in multistrato impiallacciato il tutto costituito da cuscini rivestiti in vera pelle. Una seduta confortevole che enfatizza la sua funzione grazie anche alla presenza del poggiapiedi (Ottoman) che le conferisce relax e comodità.

La forza espressiva della Lounge Chair &Ottoman è stata così potente da essere esposta permanentemente al MOMA, il Museo d’Arte Moderna di New York.
sedie icone del design

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