Greenwashing e architettura sostenibile

Un nuovo modo di concepire l’architettura

Nella vita di tutti i giorni il concetto di sostenibilità è diventato un mantra con cui cercare di sopperire a tanti anni di incivile e spregiudicata crescita industriale, che non ha affatto tenuto conto degli effetti disastrosi provocati a livello ambientale. In un momento storico in cui il clima cambia rapidamente, ci si affida sempre più alla responsabilità individuale per cercare di mitigare gli effetti del surriscaldamento globale. Sicuramente c’è un livello di consapevolezza maggiore, ma data la complessità del tema bisogna applicare un ragionamento più complesso e ampio: ciò che noi compriamo è il risultato di una catena di produzione estesa a livello globale, e ciò vale sia per i prodotti di uso quotidiano che per l’acquisto o la costruzione di un appartamento.

Anche nel mondo dell’architettura infatti la parola “sostenibile” viene spesso adoperata per riferirsi ad un determinato progetto. Lo scopo dell’architettura sostenibile è quello di costruire edifici che siano capaci di limitare l’impatto ambientale e che puntino all’efficienza energetica, al miglioramento della salute, del comfort e della qualità della fruizione degli abitanti. Ciò deve essere chiaro sin dalla fase embrionale del progetto, in cui bisognerà tener conto dei ritmi e delle risorse naturali, che non devono arrecare danno o disagio agli altri e all’ambiente, cercando di inserirsi armoniosamente nel contesto, pensando quindi anche ad un riuso totale dello spazio e dei materiali. Quando si parla di architettura sostenibile riferendosi ad un progetto, è essenziale dunque tener conto non solo del riutilizzo dei materiali ma anche del loro intero ciclo di vita: da dove provengono, come sono stati prodotti e coltivati, come vengono trasportati, le loro emissioni intrinseche, se si potranno o meno riciclare e in che modalità saranno smaltiti.



Ma come è possibile dimostrare questa effettiva sostenibilità? Quante volte un edificio è stato definito “green” solo per la presenza di qualche alberatura e non per la sua reale sostenibilità? Quante volte è successo che gli occupanti di uno stabile vivessero in un edificio “bioarchitettonico” trovandosi poi a patire il caldo in estate e il freddo in inverno creando così un discomfort (underperforming building)?



Elementi come i pannelli solari, le pale eoliche, i prodotti tecnologici e i materiali con etichette “eco”, seppur in piccola parte rispetto a un mondo complesso, aiutano senz’altro l’ambiente a ricreare degli spazi di benessere. Purtroppo, però, ci sono anche tante informazioni false inerenti il contesto dell’Architettura Sostenibile o della Bio-Architettura: in questo caso si parla di “greenwashing”. Il greenwashing indica la strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni e enti che tentano di capitalizzare la crescente domanda di prodotti e comportamenti a basso impatto ambientale, promuovendo come ecosostenibili attività che in realtà hanno un impatto ambientale negativo. In altre parole, ci si attribuiscono immeritatamente qualità ambientaliste per sfruttarne le potenzialità nei confronti dei consumatori. La parola è un neologismo nato negli anni ’80 dopo che l’ambientalista statunitense Jay Westerveld criticò la pratica scorretta di un hotel che invitava i clienti a riusare gli asciugamani per diminuire le ricadute ambientali legate ai lavaggi, quando in realtà pensavano solo a risparmiare. Il termine deriva dalla parola “whitewashing”, che in senso figurato significa “coprire, dissimulare, nascondere”, arrivando dunque al significato di “ecologismo di facciata”. A livello mondiale gli esempi di greenwashing sono tanti e ampiamente documentati. Ciò che ci interessa, tuttavia, non è smascherare comportamenti illeciti, quanto suggerire quelle pratiche che favoriscano realmente l’ambiente.



Un edificio è sicuramente una struttura complessa e dunque tutte gli elementi che lo compongono sono variabili che cambiano nel tempo. Rendere una costruzione totalmente sostenibile è quasi del tutto impossibile, ma ci sono dei tentativi degni di nota, come gli obiettivi preposti dal network globale World Green Building Council, che si batte per la decarbonizzazione del settore entro il 2050, oppure gli obiettivi del progetto Architecture 2030, che ambisce a trasformare l’ambiente edilizio da maggior produttore di gas serra a soluzione per la crisi climatica.

Grazie a questi tentativi, l’architettura dovrebbe avere il potere di poter fornire soluzioni davvero sostenibili per il futuro cercando di essere a disposizione non solo dell’essere umano, ma dell’intero ambiente. Richard Weller, architetto e professore di Urbanistica e Architettura Paesaggistica alla Waitzman School of Design e alla University of Pennsylvania, sostiene che “ogni edificio può essere più di un semplice riparo per gli esseri umani, l’architettura è come un organismo, e se si pensa a un edificio come un’entità responsabile di offrire un habitat ad altre forme di vita, dai batteri agli insetti, dalle piante agli uccelli e a qualunque altra specie, allora quell’edificio può davvero fare la differenza”.



Fare architettura non significa più, dunque, progettare un edificio a sé stante che tiene conto solo dei bisogni dei committenti, ma significa realizzare un prodotto che sia concepito come un sistema nel sistema. L’edificio diventa così riparo non solo per l’uomo ma anche per gli altri esseri viventi. Ben vengano, dunque, i tetti verdi, le pareti giardino, gli alberi diffusi, ma non dobbiamo mai pensare che queste soluzioni siano esaustive. Le città si stanno popolando di edifici cosparsi di vegetazione, ma è pur sempre controllata: come ben sappiamo, la vegetazione ha bisogno di libertà ed è necessario dunque creare una commistione serena tra la natura libera e quella circoscritta dall’uomo.



L’architettura sostenibile deve dunque imporsi come un vero e proprio approccio culturale, prima ancora che esecutivo. È necessario riprogettare edifici, città, attività commerciali, spazi pedonali e spazi dedicati ai mezzi di trasporto, creare luoghi in cui uomo e natura siano in costante e rispettoso dialogo, attuando una vera e propria rivoluzione green che ormai ha il carattere dell’ineluttabilità.


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